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Trekking a Ciudad Perdida

Cinque giorni immersi nella natura per raggiungere le affascinanti rovine alle pendici della Sierra Nevada de Santa Marta, nel caribe della Colombia

19/12/2006 – Santa Marta - Ciudad Perdida (giorno 1)
Il trekking prende avvio dal paese di Alto Mamey.
Detto anche Machete Pelao, denominazione caduta in desuetudine in virtù del volgare doppio senso che richiama.
Alto Mamey si raggiunge da Santa Marta percorrendo la Troncal del Caribe in direzione Riohacha e poi risalendo in mezzo ai boschi su strada serrata per svariati chilometri.
Si lascia il pueblo e si prende la via del fiume che solca la quebrada Machete, si attraversa il corso d’acqua 3-4 volte in punti in cui il livello e’ alquanto basso, e poi ci si immerge in un sentiero che attraversa una fitta e lussureggiante vegetazione.
Dopo l’ultimo guado, inizia una brusca salita di 1:20’, con frequenti tornanti, idonea a spezzare le gambe e il fiato; l’erta e’ interrotta nei pressi di una casetta in muratura, all’ombra di un pompelmo, dove si effettua la prima desiderata sosta.
Al termine della salita si attraversa un camminamento solcato nel terreno ricco di gesso; e’ curioso attraversare questo profonda fessura di materiale bianco e friabile, tanto che viene spontaneo il riferimento ad altre polveri bianche di cui la Colombia va famosa; poi il sentiero giunge sulla sommita’ di una collina dove si apre una bella vista sulla foresta circostante; poco oltre si accede ad un pianoro panoramico, el Mirador; qui ha sede un rudimentale un punto di ristoro, costituito da una casetta di legno gestita da gente del posto, dove vengono vendute bibite e cibarie e dove e’ possibile distendersi su una amaca appesa alla struttura del baretto stesso.
Il sentiero prosegue alternando molteplici tratti di discesa e salita, attraversando palmeti e altre piante tipicamente tropicali; si attraversa un tratto di terra rossa dove l’effetto erosivo dell’acqua piovana ha prodotto un solco profondo nel terreno.
Successivamente si giunge alla brusca discesa che conduce al campo 1, ovvero il villaggio di Adan Bedoya, un gruppo di caseggiati in muratura con una ampia tettoia ondulata di zinco, dopo aver percorso 3:30’ di cammino.


20/12/2006 - Ciudad Perdida (giorno 2)
Alle 9:20 si parte per la seconda tappa del trekking.
Poco oltre il campo si supera il fiume e poi si attraversa una bella zona panoramica. Si rientra nuovamente nel bosco e si percorre un terreno scalinato composto da terra rossa compatta; superiamo alcune piccole case contadine e si torna a camminare in ambiente panoramico tra felci e fiori colorati.
Si torna a camminare nel bosco e, dopo un’ora di cammino, si giunge presso una bella cascata, dove facciamo rifornimento d’acqua.
Superiamo un tronco posto lungo il sentiero e, dopo aver incontrato una nuova cascata, inizia un saliscendi che conduce ad una dura salita di mezz’ora; si cammina per un piccolo tratto in piano e poi ci si getta lungo una brusca discesa sino a giungere al torrente, nei pressi di un grosso masso, dove facciamo una desiderata sosta, tuffandoci nelle tiepide acque del rio. Sono gia’ trascorse tre ore dalla partenza.
Alla ripresa, tra alterni saliscendi, raggiungiamo il corso d’acqua principale, ovvero il rio Buritaca, che lambisce piu’ in alto Ciudad Perdida.
Si accompagna il rio tenendo il versante orografico sinistro e, dopo alcune brevi ma brusche salite, raggiungiamo il villaggio indigeno di Mochica.
Poco oltre, si attraversa uno steccato e si attraversa una ampia prateria con erba alta; si scende gradualmente camminando nel bosco ed avvicinandosi al torrente, camminando tra grosse pietre dopo aver oltrepassato un nuovo steccato, si arriva al villaggio di Gabriel Sánchez, il secondo campo, dopo 50’ dall’ultima sosta.
Il campo 2 e’ costituito da tre ampie tettoie in legno e varie panche di legno, due rudimentali focolari di pietra, alcuni gabbiotti adibiti al deposito dei bagagli e delle attrezzature, uno spartano complesso di bagni e docce ed una piccola casetta di legno utilizzata da l gestore del campo, quale dimora e deposito delle bevande alcoliche che spaccia agli avventori.
Tempo totale: 3:50’.

21/12/2006 - Ciudad Perdida (giorno 3)
Sveglia alle 6:30 e alle 8 siamo in cammino.
Quasi subito si attraversa il torrente in un punto dove occorre immergersi sino a sopra il ginocchio; il giovane aiuto cuoco preferisce invece attraversare il rio servendosi di una pericolante carrucola che incrocia le acque poco oltre ad una altezza di svariati metri.
Sulla riva opposta, ha inizio una brusca salita di circa 10 minuti, che termina in una piccola spianata, mentre lungo il sentiero incrociamo un indigeno Kogui e poco dietro la sua giovane sposa, con il loro tradizionale e semplice saio bianco.
Si torna nuovamente a salire con decisione per altri 10 minuti, sino a raggiungere alle 9 il villaggio indigeno di Casa Troja, dove facciamo una sosta di mezz’ora.
Nel pueblo si trovano solamente alcuni bimbi e vi scorrazzano dei maiali in liberta’; infatti, gli adulti sono a curare le coltivazioni o gli animali allevati.
Si prosegue in piano per poi intraprendere una nuova ripida ascesa e camminare successivamente nella fitta boscaglia in falsopiano, sino a raggiungere un’ampia prateria panoramica dove le guide ci indicano la montagna su cui e’ adagiata Ciudad Perdida.
Lasciato il pianoro, passiamo un primo steccato e poi altri due ancora, camminando nella foresta per un lungo tratto tra continui saliscendi; oltrepassiamo alcuni rivoli d’acqua che scendono a valle generando delle piccole cascatelle, utili per rinfrescarsi la faccia dalla intensa calura ed umidita’.
Percorriamo una ripida discesa che porta al fiume, che in questo punto scorre placido al punto che, costituisce un posto ideale per un bagno ristoratore.
Alle 11:30 si riprende il cammino, seguendo il corso del torrente e guadandolo; nei pressi di un’ansa verso la destra orografica, il sentiero prende quota per poi ridiscendere al livello delle acque, in modo da ovviare un punto in cui il rio procede impetuoso a causa di grossi massi posizionati nel suo alveo.
Si attraversa ripetutamente il rio, tanto che oramai neanche uso la cura di togliermi gli scarponi e alle 12:30 siamo all’inizio della scalinata! E’ forte l’emozione di vedere questi piccoli gradini ricoperti di muschio che cominciano proprio ad un passo dalla superficie delle acque; ai miei occhi, stanchi ed entusiasti, sembrano quasi un tappeto prezioso, ignorato per secoli, che conduce alle meraviglie tanto immaginate in questi giorni ed ora resesi quasi visibili.
A lato della scalinata c’e’ una bella cascata che ha formato una ampia piscina naturale nella quale non ho avuto voglia di immergermi, per risparmiare le energie per l’ascesa finale.
Alle 13:20 mi vince l’impazienza; sistemo lo zaino e parto per raggiungere la meta.
Lascio l’alveo del fiume, colpito dal sole intenso che in questa giornata appare e scompare dietro le nuvole, e salgo i primi scalini; entro subito nella fitta vegetazione dove tutto e’ colorato di un verde intenso e riverberante che toglie proporzioni e distanze ad ogni cosa.
Gli scalini sono alti, stretti e resi scivolosi dalla crescente umidita’ del sottobosco; gradino dopo gradino, salgo con buona andatura e subito il fiato si fa corto ma non e’ cosa a cui ho intenzione di badare; dietro di me si avvicina il norvegese ed insieme proseguiamo sulle prime rampe che solcano a zigzag la selva, scattando varie fotografie.
Passo dopo passo, dopo 20 minuti di costante andatura, giungiamo alle prime terrazze; si tratta di piccoli piani di forma circolare costruiti dalle antiche genti Tayrona livellando il terreno e costruendo un muricciolo di contenimento a valle.
Questi terrazzamenti, costituivano i nuclei abitativi delle popolazioni indigene che abitavano la selva prima ancora della venuta dei conquistatori spagnoli.
Da qui si dipartono molti sentieri in tutte le direzioni; tali camminamenti mettono in collegamento le molte terrazze, e quindi i nuclei familiari, che risiedevano nella parte bassa di Ciudad Perdida.
Salendo, si percorre la scalinata della regina, la quale e’ costituita da una rampa di circa due metri di ampiezza suddivisa in tre settori; quello centrale e’ quello formato dai graditi piu’ alti e meglio definiti, tanto che si immagina che fosse percorso unicamente dalla signoria regnante; i due settori laterali, invece, presentano dei gradini piu’ bassi e rifiniti con minor perizia.
La scalinata della regina accede ad un breve camminamento in piano ricoperto di pietre che conduce a nuovi terrazzamenti.
Poco oltre si arriva ad un punto in cui i sentieri tornano a confluire: si tratta, pertanto di un luogo di passaggio obbligato.
Qui ha sede il famoso mapa de piedra, un grosso masso sulla cui superficie piatta e’ scolpita la mappa della zona.
Vi sono tracciate lunghe linee verticali, attraversare da linee piu’ corte in senso orizzontale e diagonale, quasi si trattasse di una moderna carta stradale di una qualsiasi citta’.
Si continua a percorrere il sentiero lastricato e si oltrepassa un grosso masso posizionato sul terreno che rappresenta un rospo e successivamente una serie di imponenti muraglie, ciascuna con a lato una scala in pietra che consente di raggiungere la sommita’ delle costruzioni.
A questa maniera, alle ore 14, mi trovo a calpestare la base della corte cerimoniale, ricoperta di un’erba dal colore verde intenso.
Il cielo si e’ ora coperto di nuvole ed accenna a scendere qualche goccia di pioggia.
Salgo sino alla parte superiore dell’insediamento di Ciudad Perdida, da dove scatto alcune fotografie sull’intera parte centrale, mentre stanno sopraggiungendo i primi compagni di escursione.
Lascio le rovine e prendo una scalinata laterale sulla sinistra che porta dapprima ad una piccola cascatella, dove ne approfitto per lavarmi accuratamente, poi al campo 3.
Questo e’ costituito da una struttura in legno di due piani, coperta da un tetto di zinco ondulato.
Alla base si trovano della panche di legno che fungono da sala da pranzo e salotto.
A lato della grande capanni si trova una piccola tettoia sostenuta da alcuni pali, che serve da riparo per il focolare.
Oltre, vi e’ una casetta di mattoni che ospita i bagni e le docce.
6 ore di cammino, compresa la lunga sosta al fiume.

22/12/2006 - Ciudad Perdida (giorno 4)
La mattinata prevede un giro per le rovine di Ciudad Perdida.
In primo luogo ci rechiamo sul lato ovest dell’insediamento, percorrendo un sentiero nel bosco che in pochi minuti, con nostra sorpresa, ci conduce ad un villaggio Kogui attualmente abitato.
Vi sono alcune capanne poggiate su basi di pietra in tutto simili alle terrazze circolari dell’insediamento abbandonato; Rodrigo ci spiega che ogni nucleo familiare abita due di queste capanne, una per i maschi e l’altra per le femmine.
Al momento della nostra visita, e’ presente solamente una bambina che reca in braccio un infante.
Nella corte circostante razzolano polli e pulcini.
Proseguiamo la nostra visita giungendo sino alla piazza cerimoniale e poi da li’ rientrando al campo.
In attesa del pranzo, intaglio la figura della testa di una scimmia in una piccola noce di tagua che ho trovato per terra durante il percorso.
Pranziamo alle 11:30 e subito dopo comincia il viaggio di ritorno.
Raggiungiamo la piazza principale e passiamo di fronte al grande rospo di pietra; scendiamo lungo la scala della regina e giungiamo nei pressi del mapa de piedra, preparandoci ad affrontare la lunga scalinata che alle 12, ci reca al cospetto del torrente.
In breve tempo, dopo vari attraversamenti, giungiamo nei pressi dell’ansa del rio, dove occorre risalire il cammino per poi ridiscendere al livello delle acque; alle 13:10 arriviamo al luogo dove avevamo fatto l’ultimo bagno all’andata e guadiamo il placido torrente.
Facciamo qui una breve sosta, ma nessuno ha voglia di gettarsi in acqua.
Alle 13:30 si riparte.
C’è da intraprendere una brusca ma breve salita che spiana nel bosco, dove il sentiero prosegue in falsopiano, spezzato da un ulteriore breve strappo.
Oltrepassati i tre steccati, alle 14:20 si giunge nella ampia prateria panoramica.
Alle 14:45 si riparte e si scende all’interno del bosco; alle 15 siamo a Casa Troja e, scendendo di buon passo lungo il sentiero che costeggia il rio, alle 15:40 si arriva di buon passo al campo 2, dove un bagno nel rio aiuta a recuperare le energie perdute.
3:40’ di cammino.

23/12/2006 - Ciudad Perdida (giorno 5) – Santa Marta
La giornata prevede la diretta discesa a Machete Pelao, senza sostare una notte al campo 1.
Alle 6 si parte. Si passa subito uno steccato e dopo 20 minuti di cammino in piano siamo al villaggio indigeno di Mochica; poco oltre passiamo a lato di un altro nucleo abitativo, composto da solo un paio di capanne.
Dopo aver guadato il fiume, alle 6:30 inizia la dura salita, resa ancor piu’ faticosa dalla pioggia notturna che ha allentato il terreno; alle 7:15, termina l’erta, si procede in piano nel bosco, dove si respirano i profumi della vegetazione ammantati dall’umidita’ notturna non ancora dissoltasi.
Si prosegue tra alterni saliscendi e alle 7:30 oltrepassiamo la cascata e il tronco adagiato lungo il cammino.
Alle 7:40 arriviamo nei presi della cascata a cui e’ possibile dissetarsi e successivamente si torna a camminare in piano nel bosco, sino a giungere al tratto di sentiero di terra rossa e scalinato. Alle 8 passiamo a lato di un podere agricolo, dove un contadino sta portando a valle due muli che caricano ciascuno due grossi sacchi di tela contenenti riso.
Procedo seguendo i due animali da soma sino al campo 1 di Adan, dove giungo alle 8:25, dopo aver attraversato il torrente.
Dopo la colazione a base di uova strapazzate con pomodoro e cipolla, e succo di mora, si riprende la via del ritorno: sono le 9:40.
Ricordavo la brusca discesa dell’andata per arrivare al campo 1 ed ora mi attendo una faticosissima salita; in realta’, la salita e’ si’ dura, ma la si compie in poco piu’ di 10 minuti e cio’ mi da’ sollievo morale; oltrechè fisico. La parte finale dell’erta e’ meno inclinata, anche se occorre attraversare un nuovo tratto solcato di terra rossa e reso fangoso dalla pioggia della notte.
Alle 10 camminiamo in piano, dove riesco a prendere un po’ di fiato; passo a lato dell’edificio azzurro che reca l’insegna Escuela Nueva Toyuma e da qui ha inizio una rapida discesa, che culmina con una piccola brusca salita, che conduce al punto di sosta in ambiente panoramico dove e’ posizionata un’amaca.
Alle 10:20 si riparte. Dapprima il sentiero rimane sul costale della collina e continua ad offrire belle vedute a 360 gradi. Inizia la discesa lungo il sentiero solcato nel gesso, poi si guadagna la sommita’ di una collina e alle 10:50 si torna a scendere in maniera decisa.
Dopo dieci minuti si arriva presso la casetta in muratura a lato di un albero di pompelmo; qui rifletto sulla fatica impiegata ad effettuare la prima grande salita dell’andata, che ora in discesa appare un’escursione da poco conto.
L’ultimo tratto di discesa lo affrontiamo di buona lena, tanto che poco dopo le 11 siamo gia’ al fiume. Effettuiamo un paio di attraversamenti e prendiamo la strada sterrata che conduce a Machete Pelao, dove giungo alle 11:40.
5:40’ di cammino.

Alle 13 arriva la chiva e alle 15 siamo a Santa Marta, dove finalmente vado a fare un bel bagno al mare.

Autore: rfe
Copyright: I contenuti della presente opera d`ingegno sono riproducibili, parzialmente o totalmente, da ciascun utente, ma con l`obbligo di citare la fonte: alol.it
Il: 31/07/2009
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