|
Storia dell'Ecuador |
Ripercorriamo nei secoli la vita del paese andino che
vide le gesta degli Incas e di Simòn Bolìvar
I primi insediamenti nel continente latino americano risalgono a circa 25.000 anni prima di Cristo: popoli nomadi provenienti dall'Asia, attraversando lo stretto di Bering, approdarono in nord America e cominciarono una marcia di occupazione dei territori verso sud che, intorno al 12.000 a.C., raggiunse i territori dell'attuale Ecuador.
I primi gruppi rimasero legati alle tradizioni nomadi; successivamente si organizzarono in comunità stanziali, dedicandosi alla coltivazione dei fertili altipiani (insediamenti di El Inga, Chobshi e Cubilan) per poi occupare la zona costiera (Las Vegas), dove l'uomo apprese le prime rudimentali tecniche di pesca e l'oriente amazzonico.
La tecnica artigianale e manufatturiera andò specializzandosi: alle prime lance rudimentali per la caccia vennero poste scaglie affilate in pietra; gli stessi attrezzi agricoli vennero perfezionati, migliorando così le tecniche di coltura di mais, yucca e patata. Si riscontrano, infine, vari utensili (vasellame, etc.) in legno e ceramica oltre ai primitivi cesti e tessuti.
Organizzati in tribù, sulla costa prevalsero i Cara, mentre sulla Sierra settentrionale i Quitu. Tali popoli si integrarono a formare una unica dinastia (gli Shyri) che intorno al 1300 d.C. vennero colonizzati dai Puruhà, provenienti dagli altipiani meridionali, dove perdurava il dominio dei Cañari. Ad oriente vi erano i Pasto.
In questo panorama inizia l'epopea incaica. Stanziatisi inizialmente nella parte meridionale del Perù, già a far data dal 1200 d.C. gli Inca cominciarono l'espansione verso nord. Guidati a Tupac Yupanqui, abile guerriero e politico non privo della dote della diplomazia, giunse ad occupare, nella prima metà del secolo XV la Sierra ecuadoriana; gli successe il figlio Huayna Capac, avuto da una principessa Cañari, che proseguì nella politica espansionistica.
Alla sua morte, l'immenso regno venne diviso fra i due figli Huascar, che prese possesso della parte meridionale, con capitale a Cuzco, e Atahualpa, che da Quito estese il suo potere alla parte settentrionale. Inevitabilmente i due giunsero alle armi e, nei dintorni di Ambato, prevalse il secondo, quando però già gli spagnoli avevano messo piede nelle sue terre.
Nel 1526, infatti, Bartolomè Ruiz de Andrade aveva toccato le coste dell'attuale provincia di Esmeraldas, richiamato dalle voci che parlavano di un ricco paese a sud delle nuove terre; sei anni dopo, quando già i conquistatori avevano preso possesso delle terre, Francisco Pizarro fa incarcerare e poi uccidere Atahualpa, con l'appoggio delle popolazioni incaiche sottomesse all'inca. Nel 1534 Pizarro diede mandato a Sebastián de Benalcázar di proseguire l'esplorazione dell'interno, giungendo alla fondazione della citta di Quito sulle ceneri della capitale india, rasa al suolo da Ruminahui, posto a capo dell'estrema resistenza incaica. Si giunse persino all'esplorazione dell'oriente: la spedizione, guidata da Francisco de Orellana, giunse alle foci del Río delle Amazzoni, sull'Oceano Atlantico.
La prima fase coloniale (fino alla fine del sec.XVI) vede la lotta sanguinaria fra gli stessi conquistatori per il controllo del potere nonché la fondazione delle principali città (Quito, Guayaquil e Cuenca). Il sistema economico-sociale si fonda sull'istituto dell'encomienda, attraverso il quale la corona spagnola affida a ciascun colono uno o più indios affinché ne curi la conversione al cattolicesimo, a fronte della possibilità di sfruttarlo per il proprio lavoro. La società prese una forma stabile: in ogni cittadina venne eletto un Cabildo, rappresentante egli interessi locali.
A metà del secolo venne fondato l'arcivescovato di Quito e la Real Audiencia (una sorta di governo autonomo rientrante nel vicereame del Perù) che ben presto giungeranno a scontrarsi in quanto rappresentanti rispettivamente degli interessi degli indios e di quelli dei conquistatori.
Da notare che nelle zone a predominanza indigena si badò a mantenere le strutture sociali indigene preesistenti.
Il secondo periodo vede la decadenza dell'istituto dell'encomienda a vantaggio della mita, garantendo, cioè, all'indigeno sfruttato di poter dedicare una parte del proprio tempo a lavorare per se stesso ed a guadagnare qualche soldo in modo, fra l'altro, di contribuire con le proprie tasche alle esose esigenze dell'apparato burocratico nascente.
A questo modo ebbero occasione di svilupparsi in particolare i settori tessile ed l'agricolo, tanto da rendersi competitivi sui mercati europei. A fronte di queste repentine trasformazioni, i bianchi continuavano a detenere il potere politico e religioso; tuttavia si formò una casta meticcia che col tempo acquisterà potere e influenza in campo economico e, per conseguenza, politico; infine, sin dal sec.XVIII erano giunti i primi schiavi dall'Africa, che si stabilirono sulla costa e nelle zone calde della Sierra.
La schiavitù ed il vassallaggio erano tollerate dalla Chiesa, la quale acquistava una certa autonomia dai vertici pontifici; infatti, era la corona spagnola a manovrare le nomine, in virtù di un diritto di patronato ottenuto dalla Santa Sede per il nuovo mondo. è, tuttavia, da riconoscere il ruolo di guida spirituale, ma soprattutto culturale di quegli anni.
Il secolo XVIII comincia con una serie di sciagure naturali (si ricordi che il paese ha estremi rischi sismici); ciò acuisce la già imperante crisi economica, determinata dall'eccessivo sfruttamente dei popoli indigeni oltre che dalle ripercussioni della crisi che aveva colpito la Spagna, di fronte alle fiorenti attività commerciali delle nascenti borghesie inglesi ed olandesi. Furono anni di riassetto coloniale: il governo del paese viene staccato dal vicereame del Perù ed annesso a quello di Nuova Grenada, ossia l'attuale Colombia.
Gli indios, date le elevate imposizioni della madrepatria, erano costrette a lavorare sempre meno per se stessi. Solo sulla costa permanevano i floridi commerci del cacao, generando così un flusso migratorio dali altipiani alle regioni litoranee.
Crebbe il malcontento e cominciò a germinare, grazie anche a guide illuminate quali Eugenio Espejo e Juan de Velasco, il sentimento autonomista. Le prime reazioni sono provocate dalla consolidata borghesia locale proprietari che, ormai padrona dell'economia, e grazie agli echi delle rivoluzioni francese ed americana, rivendica il controllo della politica nei confronti dei burocrati spagnoli.
Dapprima alcuni tentativi insurrezionali isolati (1808-1812), che vennero repressi col sangue dalla restaurazione di Fernando VII; fecero seguito iniziative più determinate che portarono all'indipendenza di Guayaquil, Cuenca e, nel 1822, grazie allo sforzo prodotto dalle truppe bolivariane guidate da Sucre, la capitale Quito.
L'intero continente fu scosso da intenti rivoluzionari: l'incontro fra Bolivar e San Martin a Guayaquil. Sono essi gli artefici della formazione della nuova entità politica rappresentata dalla Gran Colombia, sterminato paese che riunisce l'attuale Venezuela, Colombia ed Ecuador, quest'ultimo, formante il Distretto del Sud. La sola Guayaquil oppone resistenze, per via di una florida economia che imponeva buone relazioni con la madrepatria.
Raggiunta l'indipendenza, la guida del paese va a Santander, luogotenente di Bolivar, che intaura un governo liberale, favorendo i ceti commercianti e tutelando le popolazioni indigene. Nel 1826, il governo passa a Bolivar, di ritorno dalle campagne di liberazione peruviane; questi instaurò un governo conservatore e centralista, a sostegno dei latifondisti serrani.
Egli accentrò i poteri ma già nel 1830 dovette cedere ed abbandonare la dittatura instaurata. Fu l'inizio della disgregazione della Gran Colombia; infatti una assemblea popolare convocata a Quito sancisce la secessione dalla Gran Colombia, costituendo così la repubblica.
Nel frattempo (1829) il Perù aveva invaso il sud del paese e si era combattuto con perdite di uomini e mezzi; si era giunti a trattare di pace ma la questione non appariva risolta.
Nel maggio 1830, dalle ceneri del Distretto del Sud, ossia con l'unione delle tre provincie, nasce la Repubblica dell'Ecuador; il nome deriva da quello apposto dalla spedizione francese alla linea equinoziale di fine '700. La nascente nazione era tuttavia priva di coesione: pemaneva il latifondo sulla Sierra e andava formandosi una oligarchia commerciale sulla Costa, mentre a Cuenca andava sviluppandosi la piccola proprietà terriera ed artigianale.
Lo stato nascente conservava forti tratti coloniali: oligarchia al potere, nel contrasto Sierra-Costa, esclusione delle donne dalla vita politica e prevalenza degli interessi corporativi. Negli anni a venire sarà l'esercito l'ago della bilancia degli interessi contrapposti, a causare dittature spesso durature. Lo stato centrale era debole, a fronte di forti autonomie regionali.
Il primo presidente fu Juan Josè Flores, venezuelano che aggregò all'esercito ai latifondisti serrani, seguendo così nella politica conservatrice bolivariana. Solo nel 1845 si ebbe la reazione decisa dell'oligarchia della costa e prevalsero governi liberali, ma dittatoriali che vennero rovesciati per mano di rivolte a carattere locale. La situazione tornò all'ordine quando assunse i poteri Gabriel Garcia Moreno, rappresentante dell'oligarchia quiteña, che consolidò lo stato centralista e promosse opere pubbliche di ampio respiro e riorganizzò istruzione e sanità pubblica. Fu un governo dispotico, di polizia, che ottenne però il consenso del Vaticano. Il potere di Moreno direttamente, o esercitato a mezzo di suoi luogotenenti, perdurò fino al 1873, quando fu assassinato.
Gli anni successivi videro lo sviluppo economico e la modifica delle strutture capitalistiche nazionali. Lo sviluppo del commercio favorì l'accumulazione di capitale e la formazione di una classe di banchieri sulla costa. Pertanto si affermarono governi liberali, in una ottica di profondi cambiamenti di ordine politico ed ideologico. Permaneva, tutavia, il carattere dittatoriale dei governi di quegli anni e, dopo una breve parentesi di restaurazione, vennero approntate una serie di riforme progressiste.
Nel 1895 la situazione mutò radicalmente: Eloy Alfaro rovesciò il potere iniziando l'epoca della rivoluzione liberale. Furono completate le ingenti opere pubbliche e venne spogliata la Chiesa della mano morta e di altre prerogative legali. Anche per questo lo scontento unì la chiesa ai latifondisti costeñi; Alfaro nel 1912 venne assassinato per mano della destra e dei liberali oligarchici che ottennero così il potere; sono gli anni di Plaza che giunge a patti con la Chiesa e coi latifondisti. Seguirono anni di profondi contrasti interni, accentuati dai rivolgimenti di fatti internazionali rilevanti quali la prima guerra mondiale, la depressione e le riforme sovietiche.
Il peso della crisi economica di inizio secolo fu di fatto sopportato dai lavoratori, che caratterizzaroni gli anni venti con proteste di piazza represse con la violenza. Le idee socialiste si affermano, sulla scia del radicalismo liberale. Furono anni di conquiste sociali quali il voto alle donne (1928), la riforma fiscale, il controllo delle banche e la centralizzazione e direzione dell'economia.
Nel 1933 prese il potere Josè Maria Velasco Ibarra che ruppe i contrasti liberali-conservatori, grazie ad un forte appoggio popolare. Nel 1941 il Perù invade il paese e il male organizzato esercito ecuadoriano è costretto a capitolare; il Protocollo di Rio de Janeiro dell'anno seguente sancisce i nuovi confini fra i due paesi, comportanto per l'Ecuador la perdita di una parte considerevole di territorio. Nel 1944 torna al potere Velasco con l'appoggio delle sinistre; successivamente la costituzione e si proclama dittatore con il sostegno della destra sino a quando, nel 1947, venne deposto.
Furono anni di riammodernamento economico-sociale: siamo negli anni '50 quando compaiono le prime tv e radio . Gli anni '60 si aprono con un processo di riammodernamento della struttura economico sociale. La crisi delle esportazioni di banane è attutita dallo sviluppo conseguente all'estrazione del petrolio scoperto sulla Costa e nell'Oriente. La società muta e mutano gli scenari politici con la nascita di nuovi partiti.
L'esercito diviene l'appoggio indispensabile dei governi, mentre i riflessi della rivoluzione cubana e le divisioni a sinistra costringono i governi a rivedere le strategie e le alleanze. Le giunte militari tornano a governare direttamente ed indirettamente il paese, pur portando a compimento la riforma agraria al costo di un accresciuto debito pubblico.
La costa diviene il motore del paese, anche dal punto di vista demografico.
Nel 1979 l'alleanza di governo tra CFP di Jaime Roldos e DP di Osvaldo Hurtado produce riforme in senso progressista ma nel 1981 Roldos muore in incidente aereo. Gli succede Hurtado che prosegue su una linea più moderata, mentre le risorse petrolifere cominciano a scarseggiare.
La crisi si fa intensa, amplificata maggiormente dalla corrente climatica denominata "el niño" la quale produce effetti devastanti in tutto il paese. La protesta sociale si fa intensa, in particolar modo quella delle comunità indigene che sempre hanno mal tollerato il governo centralistico.
Gli anni '80 sono segnati dal neoliberismo, il quale accentua lle già forti tendenze inflazionistiche. Nel 1987 un violento terremoto danneggia l'oleodotto petrolifero, con disastrosi effetti sulle entrate derivanti dal petrolio. Nel 1988 è eletto presidente Rodrigo Borja. Di ispirazione progressista, questi riforma l'istruzione ed il sistema fiscale, ma la corruzione è ormai un sistema consolidato.
Il 1992 è l'anno del confronto a destra tra Sixto Duràn Ballèn e Jaime Nebot. Vince Duràn, che prosegue la politica delle privatizzazioni fra grosse tensioni sociali.
Al successivo turno elettorale viene eletto Jamil Mahuad, ex sindaco di Quito.
La sua azione è stata interotta nel gennaio 2000 dalla rivolta capeggiata dai gruppi indigeni e alcuni ufficiali dell'esercito; Mahuad viene deposto e al suo posto si insedia il vicepresidente Gustavo Noboa. La crisi è gravissima: le casse statali sono vuote e la moneta in continuo deprezzamento. Viene attuata la dollarizzazione del paese, ossia la introduzione del corso legale del dollaro nordamericano, in un programma che prevede la quasi totale privatizzazioe del paese.
In tale contesto si inseriscono le turbolenze dei vulcani Pichincha presso Quito e Tungurahua, presso Baños, le quali mantengono in allerta le popolazioni che vivono alle falde di queste minacciose montagne; è accaduto sovente che le cittadine interessate si svegliassero ricoperte da un manto di cenere non propriamente salutare ma certamente caratteristica.
Continua l'esodo di ecuadoriani all'estero; si stima che la seconda risorsa del paese sia determinata dalle rimesse degli emigranti ai familiari tuttora rimasti nel paese.
Fra le recenti attività in espansione si segnala la floricoltura.
Il 2002 è caratterizzato dalla privatizzazione dell'impresa energetica nazionale, avversata da gruppi progressisti e indigenisti.
Le elezioni politiche del novembre hanno visto il successo del colonnello Lucio Gutiérrez sul magnate delle banane Álvaro Noboa. Gutiérrez, già facente parte del triumvirato che nel gennaio 2000 aveva destituito Jamil Mahuad, ha ottenuto il sostegno dei gruppi indigenisti e delle formazioni progressiste. |
|
Autore: |
riccardo
|
Copyright: |
La presente opera d'ingegno è riproducibile, parzialmente o totalmente, da ciascun utente, previa autorizzazione scritta dell`autore. |
Il: |
30/07/2004 |
Visite: |
5625 |
Tot. voti: |
1 |
Voto medio: |
7,00 |
|
|
|
|
Torna indietro
|