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La cultura guane

Nell’attuale dipartimento colombiano del Santander, precisamente nel canyon del fiume Chicamocha e in parte dell’altipiano chiamato oggi “Mesa de los Santos” si sviluppò in epoca precolombiana la cultura guane

Dall’analisi al carbonio 14 dei resti umani ritrovati sul territorio, si risale ad un periodo compreso tra il V e il XV secolo dell’era di Cristo.
La maggioranza degli esperti concorda sul fatto che il popolo guane parlasse una lingua affine al chibcha e che avesse frequenti contatti con altri popoli che vivevano più a sud come i Chanchon e i Chalalá. La lingua chibcha, comune al popolo muisca e al popolo dei tayrona fa pensare ad un origine comune di questi tre popoli.
Altri investigatori invece, sostengono che i guane parlassero una lingua sconosciuta, ma che si fossero adattati a parlare il chibcha per poter commerciare con i popoli vicini.
I guane erano indigeni dalla pelle stranamente bianca, come si legge nei commentari di Juan de Castellanos, il più famoso cronista dell’epoca.
Quale fu la loro origine?
Probabilmente furono i discendenti di popoli amerindi che attraversarono l’istmo di Panama circa quindici millenni or sono, proseguendo un processo di colonizzazione del continente americano che durava da tempi remotissimi.
Non sono da escludere però origini differenti, per esempio da isole del Pacifico o addirittura dal continente antico, come sostengono alcuni archeologi.
I guane vivevano di pesca, praticata nel Chicamocha, e di agricoltura, coltivavano infatti mais e yuca.
Producevano superbi tessuti in cotone e li coloravano utilizzando vegetali e pietre. Questi tessuti avevano un valore altissimo per i guane che li indossavano per coprirsi e ripararsi dal vento.
I tessuti di cotone venivano utilizzati anche come segno di distinzione sociale e per offerte agli Dei, oppure come vessilli per i guerrieri, pagamento di tributi o mezzo di scambio con i popoli vicini.
Un’altro degli utilizzi dei tessuti in cotone era quello della dote matrimoniale: quando un uomo chiedeva la mano di una donna, offriva al padre di lei una certa quantità di tessuto. Se la donna si negava, l’uomo aveva la possibilità di fare un’ultima offerta aumentando la quantità di tessuti pregiati.
Il popolo dei guane si adornava il corpo con monili d’oro o di rame, che venivano lavorati finemente.
Inoltre erano buoni artigiani, infatti producevano ceste e ottimi vasi di ceramica.
I guane erano governati da un Cacique (pronuncia: caciche) e l’organizzazione sociale era basata su gruppi di famiglie matrilineari che possono essere chiamate “clan”.
Vari clan formavano una tribù e l’insieme delle tribù era governata dal Cacique.
I guane credevano nell’immortalità dell’anima e veneravano il Sole e la Luna, con complessi rituali mistici, inoltre mummificavano i defunti, che poi venivano lasciati nelle grotte del canyon del Chicamocha insieme a monili in oro, armi, tessuti e altri strumenti che consideravano essenziali per il “viaggio eterno”.
Dall’analisi del territorio infatti, si evince che il popolo guane viveva vicino al fiume Chicamocha, dove poteva pescare e praticare l’agricoltura, mentre la parte alta del canyon, costituita da costoni di roccia a picco sul fiume e percorsa da angusti sentieri, veniva utilizzata per ragioni spirituali e mistiche.
Negli anfratti di queste rocce infatti, sono stati trovati resti umani e corpi mummificati. Queste caverne e anfratti erano usate come cimiteri per i Cacique e probabilmente come luoghi di culto e meditazione.
Gli altri popoli indigeni della zona invece, come gli yariguies, che vivevano in zone più umide vicino al Rio Magdalena, non praticavano la mummificazione dei defunti, ma riesumavano il cadavere e, in una seconda cerimonia, posizionavano le ossa del defunto in un urna funeraria di ceramica che veniva successivamente interrata.
Il popolo guane praticava la deformazione del cranio sia in senso verticale che occipitale. Si pensa che i crani di alcuni bambini destinati a ricoprire ruoli importanti nella società venissero deformati con strette bende.
Questa pratica è quindi riconducibile a motivi di stratificazione sociale, o forse per motivi legati alla spiritualità.
Una delle caratteristiche del popolo guane fu l’interesse per la cronologia e per l’astronomia. Ultimamente sono stati ritrovati nella Mesa de los Santos 15 oggetti in ceramica ovoidale finemente intagliati che sono stati individuati come un calendario.
Alcuni ricercatori sostengono che dallo studio attento di questi oggetti si possa risalire ad un calendario lunare “sacro”, di 260 giorni oltreché ad un calendario solare di 365 giorni.
Un’altra importante fonte di studio della cultura guane sono le pitture rupestri, i pittogrammi e le incisioni (petroglifi), che si possono ammirare nelle vicinanze delle grotte e degli anfratti del Canyon di Chicamocha.
I disegni e i pittogrammi sono stati fatti, probabilmente con l’utilizzo di piante, direttamente sulle pareti della roccia. Generalmente sono coperti da spuntoni di roccia superiore che li proteggono dalla pioggia e dall’erosione.
Si crede che questi pittogrammi rappresentassero un tipo di linguaggio rituale o simbolico.
Innanzitutto in essi è ricorrente la figura del Sole, che veniva venerato come Dio portatore di vita. Alcuni di questi segni circolari sono circondati da 12 raggi e ciò può far pensare al calendario solare.
Vi sono poi varie figure antropomorfe stilizzate e molte figure zoomorfe (insetti).
In alcuni di questi anfratti situati in zone di difficile accesso, vi sono dei segni molto particolari, ripetuti due volte. Alcuni investigatori pensano che si tratti di ideogrammi, ovverosia di segni che rappresentano un’idea e non una cosa.
Si pensa anche che alcune di queste pitture rupestri e pittogrammi siano stati fatti da sciamani che erano sotto l’influenza di piante allucinogene come la coca o la maca andina.
Questo sistema, usato per rappresentare esseri animati o cose con immagini stilizzate viene chiamato pittografia (dal greco: scrittura per mezzo della pittura) o glifografia (scrittura per mezzo di segni incisi), in quanto fa uso di disegni dipinti o incisi nella roccia.
E’ il primo passo di un lungo percorso che avrebbe portato il popolo guane a forme di scrittura più complesse come l’utilizzo di ideogrammi e la conseguente scrittura sillabica.
Il cronista spagnolo Juan de Castellanos nella sua opera “Elegia de Varones illustres de Indias”, scritta negli ultimi anni del secolo XVI, ci descrisse il territorio occupato dal popolo guane al momento dell’arrivo del “conquistador” tedesco Ambrosio Alfinger, nel 1533.
Secondo Juan de Castellanos il Cacique del dominio Guane era Guanentá, che organizzò una strenua ma purtroppo inutile resistenza contro gli spagnoli, che avanzavano a cavallo armati di spade di ferro e archibugi.
Il popolo dei guane fu decimato principalmente dai virus portati inconsapevolmente dagli europei, come per esempio quello del vaiolo.
I sopravvissuti furono trucidati dal terribile “conquistador” spagnolo Martin Galeano, nell’anno 1540.

Autore: YURI LEVERATTO - www.yurileveratto.com
Copyright: E' vietata la riproduzione parziale o totale dell'articolo a scopo di lucro.
Il: 22/09/2007
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