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Il mito degli Incas |
Riviviamo l'epopea incaica a cavallo tra storia e
leggenda
L'impero incas è sorto dalla progressiva aggregazione di alcune ristrette comunita' nomadi.
Il primo nucleo stanziale si stabili' nel XII secolo nelle terre dell'attuale Perù, ma fu solamente nel corso del 1200 d.C. che, sotto la guida del leggendario Manco Capac, la società si organizzò politicamente, socialmente e militarmente: sorse così l'impero incas, o Tahuantinsuyo ("terra dei quattro angoli") che giunse ad occupare un'area di vastissime proporzioni, che va dalla parte meridionale della Colombia sino al nord dell'Argentina e del Cile, comprendendo l'intero territorio degli attuali Peru', Ecuador e Bolivia.
Capostipite della dinastia fu Manco Capac cui la leggenda assegna il ruolo di fondatore della citta' di Cuzco che in lingua quechua significa "ombelico".
Gia' nel XIII secolo gli incas cominciarono l'espansione verso nord, guidati da Tupac Yupanqui, abile guerriero e politico non privo della dote della diplomazia.
Questi portò l'asse politico verso nord, tanto che il suo successore, il figlio Huayna Capac, nacque e visse sempre nella citta' di Tomebamba, nei pressi della attuale Cuenca, in Ecuador.
Alla morte di Huayna Capac, avvenuta nel 1528, l'immenso regno venne diviso fra i due figli: Huascar, suo figlio legittimo, prese possesso della parte meridionale, e pose la capitale a Cuzco; Atahualpa, figlio naturale, si stabilì a Quito, esercitando il proprio dominio sulla terre settentrionali dell'impero.
Inevitabilmente i due giunsero alle armi; lo scontro decisivo, nei dintorni di Ambato, vide prevalere Atahualpa che pero' pote' regnare solo per pochi mesi, in quanto gia' gli spagnoli erano approdati sulle coste equadoriane e si preparavano ad esplorare l'altopiano.
Nel 1526, infatti, Bartolome' Ruiz de Andrade aveva toccato le coste dell'attuale provincia ecuatoriana di Esmeraldas, richiamato dalle voci che parlavano di un ricco paese a sud delle nuove terre; sei anni dopo, Francisco Pizarro riprese il cammino tracciato ed entrò nell'attuale nord del Peru', fondando la citta' di Piura, sino a giungere a Cajamarca, dove fece incarcerare con futili pretesti e uccidere crudelmente Atahualpa, con l'appoggio delle popolazioni sottomesse all'inca (1534).
La resistenza della popolazione incaica, oramai priva del proprio re, fu facilmente vinta dalle truppe spagnole, decretando, così, la fine dell'impero incas.
La societa' incaica, nonostante alcune teorie che parlano di una democrazia primordiale, ebbe una struttura di stampo feudale a guida teocratica.
Capo supremo era l'inca, o imperatore, venerato come figlio del sole.
L'inca affidava gli incarici di governo ai propri vassalli che gestivano le comunita' in maniera autonoma.
Data la grandezza dell'impero, un posto di rilievo nella scala gerarchica era riservato ai militari, i quali disponevano di ingenti risorse per la salvaguardia dei confini.
Altrettanto importanti erano i sacerdoti i quali rivestivano importanti incarichi politico-religiosi.
Il popolo, legato alla comunita' cui apparteneva, coltivava la terra i cui frutti erano messi a disposizione delle gerarchie per le necessita' generali.
Gli incas erano dotati di vie di comunicazione piu' efficienti di quelle romane; le principali città, fra le quali si possono menzionare Machu Picchu, Tomebamba e Cuzco, erano a pianta quadrata, con al centro la piazza principale circondata dai templi e dagli edifici pubblici, costruiti con una tecnica ad incastro dalla precisione stupefacente; chiunque abbia visitato un edificio costruito dagli incas avrà potuto constatare la precisa corrispondenza tra i blocchi di pietra.
La societa' incaica fu essenzialmente "pragmatica", dedita, oltre che al mantenimento dei domini, anche alla propria espansione.
In questa ottica, gli incas non conoscevano l'alfabeto e neppure la ruota, il che valorizza ulteriormente il lavoro eseguito per le costruzioni dei maestosi edifici che ancora oggi possiamo ammirare nei centri storici di alcune città (Cuzco) e nei parchi archeologici.
Inoltre, come ogni popolo conquistatore, assimilavano la cultura e l'arte dei popoli sottomessi, riducendola all'essenziale.
L'arte incaica e' infatti priva di tinte forti e di ornamenti.
La lingua dell'impero era il quechua che, nelle regioni settentrionali assumeva caratteri propri, tanto che lo studio odierno ha potuto distinguerlo nel quichua.
E', comunque, un idioma estremamente ricco e complesso, appertenente al ceppo delle lingue agglutinanti, ossia che da ogni verbo e' possibile derivare, aggiungendo o posponendo determinate particelle, una serie di verbi appartenenti alla stessa famiglia che esprimono diversi stati dell'azione; inoltre, specie nei dialetti che si parlano sulle Ande ecuadoriane, è pressoche' assente l'uso delle vocali e ed o.
Di derivazione quechua sono i termini lama, puma, ed altri, a testimonianza che si tratta di una lingua viva, cui gli stessi conquistatori hanno attinto; infatti, continua ad essere parlata in molte zone della sierra. |
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Autore: |
rf2000
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Il: |
15/01/2004 |
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