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La lotta al narcotraffico

In un’intervista pubblicata su El Pais, quotidiano di Cali, il 31 dicembre 2006, il Comandante delle Forze Militari colombiane fa il punto della situazione sul cosiddetto Plan Patriota

In tema di consuntivi di fine anno, Freddy Padilla de Leon, la massima autorità militare nella guerra contro il narcotraffico, fa il bilancio di un anno molto controverso.
Padilla sostiene che si tratta di un bilancio positivo, al punto che - afferma - i guerriglieri non possono più permettersi di comprare le uniformi, e vanno in giro in canottiera, tanta è la pressione dell’esercito.
Qualche numero: nel corso del 2006, sono state sequestrate 135 tonnellate di cocaina, 223.000 ettari di coltivazioni sono state distrutte e 2.000 sono stati i laboratori individuati e smantellati.
Il costo di tale guerra, perché di ciò si tratta, è stato di 57 militari morti, 1.300 feriti e parecchie migliaia di dollari impiegati, finanziati in buona parte dal governo degli Stati Uniti.
I media vicini al presidente Alvaro Uribe sottolineano l’azione risoluta con la quale le forze armate stanno combattendo il narcotraffico; la popolazione, tuttavia, ricorda maggiormente un tema molto dolente: le decine di militari tuttora ostaggi delle Farc e degli altri gruppi di guerriglieri.
E’ una situazione molto difficile da comprendere. Si tratta di un Paese in guerra, che conserva al proprio interno varie strutture paramilitari molto ricche ed organizzate, che minano le basi della sicurezza nazionale e della democrazia; tali organizzazioni criminali impongono le proprie regole ed hanno una propria base di diritto e di giustizia.
A ben pensarci, non vi sono grosse differenze, quanto meno negli effetti esteriori, rispetto a quanto avviene in Italia; senza tornare indietro nel tempo alla mafia rurale dei primi del ‘900, basta pensare al controllo del territorio che tuttora sussiste in alcune zone del Paese, non solo nei tanto conclamati quartieri di Scampia nel napoletano o Zen di Palermo, ma anche nelle meno propagandate periferie di Milano e Torino o nel centro storico di Bari.
La grande differenza è forse determinata dalle grandezze fisiche: la Colombia è un Paese di oltre un milione di kmq. ed è costituito in massima parte da zone impervie, difficilmente praticabili specie nella stagione delle piogge; ciò favorisce il proliferare, da un lato di coltivazioni di coca e papavero e, dall’altro, la loro raffinazione in laboratori segreti sperduti nella selva. Altrettanto all’ombra della fitta vegetazione avviene il passaggio delle partite di droga nelle mani dei grossi narcotrafficanti.
E’ chiaro, quindi, che la chiave del successo in tale lotta passa attraverso il controllo di tutte le vie di comunicazione: dalle strade, agli aeroporti, senza tralasciare persino i corsi d’acqua.
Tra le azioni intraprese dal governo colombiano, vi è quella dell’affumicamento delle piantagioni di coca e papavero con glisofato, una sostanza chimica tacciata di essere dannosa non solo per l’ambiente, ma anche per la salute dell’uomo.
Negli ultimi tempi tali interventi, effettuati con aeroplani, sono avvenuti in territori di confine con l’Ecuador, tanto che il Paese vicino ha vivacement e protestato contro il governo colombiano e la tensione a livello politico e consolare ha raggiunto toni molto accesi.

Autore: riccardo
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Il: 28/01/2007
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