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La pandemia alla peruviana: privilegi, sfiducia e violenza |
A un mese dalla fine del confinamento.
Come in tutto il mondo, in Perù l’epidemiologia è uno
strumento tecnico-scientifico utilizzato nel processo
decisionale politico per il contenimento della SARS-Cov-2.
Adattato ai dati nazionali, il grafico epidemiologico non conosce estremi: delinea una linea che aumenta gradualmente la sua pendenza senza mai raggiungere un picco o un livello della durata di più di una settimana. Né le capacità sempre precarie del sistema sanitario pubblico, né le misure di contenimento che le persone hanno sorvolato per settimane a causa dell’urgente necessità di lavorare per mangiare, sono state in grado di fermare l’espansione e il radicamento del virus nella popolazione.
Un mese dopo il decreto di de-confinamento, il numero di persone infette è salito a più di 380.000 e il numero di morti a quasi 18.000 persone. Non si tratta qui di dare una spiegazione delle cause del fenomeno della pandemia alla maniera peruviana, ma di indicarne gli effetti.
La prima è l’incapacità della politica di governo di immaginare il futuro della convivenza con il virus(anche qui si usa l’assurdo termine “nuova normalità” senza alcuna discussione). Questa incapacità è dovuta al fatto che l’epidemiologia descrive un solo tipo di entità (gli infettati) in due tipi di situazioni sociali (casa o ospedale), con una temporalità basata su tagli statistici alla fine di ogni giornata.
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https://contropiano.org/news/internazionale-news/2020/07/30/la-pandemia-alla-peruviana-privilegi-sfiducia-e-violenza-0130457 |
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Il: |
31/07/2020 |
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